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Il Tempio

La chiesa si colloca al centro di un prato pianeggiante là dove la Val d’Orcia s’innesta nella Val di Chiana e la sua posizione, fuori della città, in mezzo a un paesaggio straordinario, ne evidenzia la grandiosità.

L’edificio, summa degli studi rinascimentali sulla pianta centralizzata a croce greca, fu realizzata da Antonio da Sangallo il Vecchio a partire dal 1518 sul luogo dove sorgeva un’antica pieve. All’inizio del XVI secolo restavano solo dei ruderi, un avanzo di torre campanaria e un brano d’affresco raffigurante la Madonna col Bambino accompagnata da San Francesco, ritenuta miracolosa. L’edificazione fu promossa persino da papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, che era stato educato alle lettere classiche da Angelo Poliziano, il grande poeta umanista nato in questa città. L’origine della chiesa è legata ad un fatto miracoloso avvenuto il 23 aprile 1518, quando due fantesche, Antilia e Camilla, e un contadino di nome Toto, passando davanti all’affresco raffigurante la Madonna con il Bambino e San Francesco, videro che gli occhi della Vergine si muovevano come se fosse viva. Toto, di cui resta una statua in sagrestia, sarà tutta la vita impegnato a elemosinare per costruire la Chiesa.

L’edificio progettato dal Sangallo doveva sorgere dunque al posto dell’antica pieve altomedievale dedicata a Santa Maria e, in seguito, intorno all’anno Mille, a San Biagio, il santo di origine armena che, per la sua esperienza di medico, veniva interpellato dai fedeli per la cura dei mali fisici e, in particolare, per la guarigione dalle malattie della gola. La chiesa ha una pianta a croce greca con cupola centrale e abside semicircolare, all’interno della quale è stata ricavata la sacrestia, mentre sull’opposta facciata della croce, che deve considerarsi la principale, si ha la presenza di due campanili, di cui solo quello a sinistra risulta compiuto. Il Tempio è all’esterno, come all’interno, interamente rivestito in lastre di travertino che mostrano una colorazione ambrata. A seconda della luce della giornata la pietra acquisisce sfumature di colore sempre diverse.

L’interno della chiesa ripete la stessa impressione di solennità architettonica ricevuta all’esterno, anche se gli altari risultano semplici e privi di arredi. L’unica parete corredata di numerosi elementi decorativi è quella corrispondente all’Altar Maggiore. Lo sfondo è costituito da un grande dossale marmoreo opera di Giannozzo e Lisandro di Pietro Albertini, terminato nel 1584. Nelle nicchie si collocano statue di santi scolpite da Ottaviano Lazzarini nel 1617 che rappresentano San Giovanni Battista, Santa Caterina da Siena, Sant’Agnese e San Giorgio. Al centro del dossale si inserisce l’affresco attribuito al Maestro di Badia a Isola raffigurante la Madonna col Bambino e san Francesco, protagonista dei miracoli che portarono alla costruzione della chiesa.  Gli affreschi della lunetta e l’arco della volta nella cappella maggiore sono stati eseguiti nel 1598 dal pittore Angelo Righi. Nella lunetta vi sono rappresentati i Quattro re di Israele, mentre nel grande arco si osservano le storie della Vergine: il Transito, l’Assunzione e l’Incoronazione.

La vetrata è stata commissionata, nel 1550, a Michelangelo Urbani da Cortona. Raffigura un’allegoria della Concezione della Vergine, circondata da Angeli e Santi, mentre ai suoi piedi vi sono Adamo ed Eva che commettono il peccato originale. Ai lati dell’altare vi sono due cantorie edificate tra il 1646 e il 1648. Nel complesso, San Biagio risulta un’eccezionale sintesi tra il linguaggio artistico del Rinascimento ispirato alla perfezione dei classici e la devozione religiosa dal quale è scaturita l’edificazione della chiesa. Davanti alla chiesa si trova l’armonioso edificio della Canonica, con doppio loggiato, anch’essa progettata dal Sangallo ed eseguita verso il 1550. Il pozzo di fronte alla Canonica è stato realizzato tra il 1550 e il 1551 e presentava in origine due colonne con architrave in travertino.